Acqua salata di Jessica Andrews | Recensione di Deborah

 

Londra vive di soldi e ambizione, e io ero a corto di entrambe le cose. L’intrico di cavi e linee telefoniche tesi per la città mi sembrava una rete da pesce piena di bancari e creativi generici, luccicanti banconote e zainetti olografici. Io ero qualcosa di piccolo, debole e indesiderato. Scivolavo tra le maglie della rete e giù nel ventre dell’oceano.

 

Editore: NNEditore
Data di uscita: 30 gennaio 2020
Pagine: 272
Prezzo: 18.00 €

La vita di Lucy è cambiata molte volte: con le sfuriate e le assenze del padre alcolizzato, con l’ansia e la pena per il fratello sordo, con la bellezza dei viaggi in Irlanda a casa del nonno. E sembra cambiare definitivamente quando si trasferisce a Londra, per studiare e per vivere lontana dalla provincia, libera da ogni legame. Ma appena laureata, Lucy volta le spalle a tutto: va in Irlanda, nel Donegal, nella vecchia casa che il nonno le ha lasciato. Si affida al cielo, al vento, al mare per ritrovare se stessa, e intanto la sua memoria si snoda in racconti brevi e impetuosi come corsi d’acqua. Rivive l’infanzia, il rapporto profondo che la unisce alla madre, gli amori sbadati, le grandi, fameliche ambizioni della giovinezza. Nella sua corsa verso l’età adulta Lucy ha scoperto ciò che non vuole essere. E sceglie di ricostruirsi altrove, su fondamenta fatte di ricordi.

 

 

«Quando il presente comincia a sgretolarsi, c’è spazio per scrivere il futuro.»
Quante volte capita di sentirsi in precario equilibrio camminando lungo il filo teso sopra il precipizio della vita? Procedere sempre, a passi lenti e incerti, rischiando di compiere il cosiddetto “passo più lungo della gamba” e cadere, cadere in un vuoto oscuro e accogliente. Quante volte trovandoci in difficoltà siamo stati ad un battito di ciglia dal mollare tutto, perché sarebbe più facile.
Jessica Andrews, mettendosi a nudo attraverso Lucy, ci insegna che il dolore prima o poi passerà e quello che resta in piedi è una nuova versione di noi stessi, che sia migliore o peggiore poco importa, quello che conta è la nuova consapevolezza acquisita.

 

Sto crescendo piano piano. Il futuro si srotola. Mi sto formando lentamente dentro di te. Sono a malapena un’idea. Ci sono moltissime cose che non conosci ancora di te, cose neroblu e pesanti come mucchi di velluto goffrato. Tutti gli oggetti infranti delle nostre vite si estendono davanti a noi, splendidi e inconoscibili.

 

Acqua salata è l’esordio letterario autobiografico di Jessica Andrews. Difficile credere che si abbia tra le mani un esordio, come spessissimo accade NNEditore è riuscita a scovare una piccola grande perla della letteratura internazionale e a portarla nelle nostre librerie. Questo è Acqua salata, una gemma grezza che mano a mano si prosegue con la lettura acquista un taglio sempre più prezioso. È un appassionante percorso di formazione, un cammino tortuoso e articolato che mai procede in linea retta, e se a tratti lo fa non è mai per molto tempo perché una curva o una buca in cui inciampare sono sempre in attesa di inghiottire Lucy. Lucy è la protagonista del romanzo, una giovane donna che ci narra in prima persona il suo passato, il presente e l’opprimente ansia e l’incertezza del futuro.
Lo stile di scrittura della Andrews è appassionante e avvolgente, riesce ad imprimere con facilità nel lettore una fortissima empatia verso la storia con il suo essere crudo, violento, reale. La prosa è strutturata in quattro parti costellate da capitoli brevissimi, a volte si tratta di flash di qualche riga in cui Lucy mette a nudo i suoi pensieri, le sue emozioni, gli accadimenti e gli stati d’animo. Mi è piaciuta moltissimo questa modalità, forse potrebbe sembrare inizialmente un po’ confusionario il continuo alternarsi tra passato e presente senza un apparente filo logico, io personalmente non ho avuto questa sensazione, anzi ho trovato questa struttura molto immersiva. La voce della Andrews è pura poesia, crea immagini vivide e regala una particolare veridicità alle sue righe tanto che nella lettura si viene travolti dalle sensazioni provate in prima persona dalla protagonista, è impossibile restare immuni.

 

Voglio immondizia ai lati delle strade, le vie ricoperte di mozziconi di sigaretta e scarpe rotte. Voglio luci al neon e cosa violente e artificiali. Voglio il canale pieno di melma e lo smog che si posa sul fiume, e la puzza del retro degli autobus che mi entra nei polmoni e ci rimane. Una volta che hai respirato la polvere, non puoi più liberartene. Tutte le cosa importanti contengono il loro opposto.

 

Gioie e dolori. Perdersi e ritrovarsi. Spezzarsi e ricomporsi. Lucy ci rende partecipi del suo continuo cambiamento, saliamo con lei sull’altalena della vita, riflettendo nel frattempo anche sulle nostre oscillazioni personali. Il racconto di Lucy è senza filtri, la protagonista trasmette a noi lettori le sensazioni viscerali che sperimenta, violente, primitive e poetiche. Lucy ci racconta della sua infanzia vissuta in una casetta ristrutturata a Sunderland; della grandezza delle bellezze naturali dell’Irlanda vissute durante l’estate in vacanza con la madre dai nonni nel Donegal; delle continue assenze del padre alcolizzato, dell’ansia nel non sapere se sarebbe rientrato a casa sporco e puzzolente; delle amorevoli cure di una madre protettiva che ama incondizionatamente e del dover affrontare la disabilità di un fratello sordo gelosamente attaccato alla vita. Lucy poi ci trasporta nella sua adolescenza, nel periodo delle ribellioni liceali, delle feste, dell’alcol, della droga e del sesso, nel periodo nella quale non mangiava per essere sempre magra e avere in tasca qualche spicciolo in più per bere. Ci trasferiamo con la protagonista a Londra per intraprendere il cammino dell’università, in un mondo sconosciuto, colorato e affascinante a cui aveva sempre saputo di appartenere; tra vicoli puzzolenti, feste, droga, cultura e incontri con personalità particolari Lucy cerca di dare un taglio netto con il proprio passato, allontanandosi dolorosamente da sua madre e da una parte si sé stessa. Infine abbiamo il ritorno nel Donegal alla morte del nonno, Lucy abbandona improvvisamente la città portando con sé qualche soldo e pochi effetti per trasferirsi nel cottage ereditato; lontana dalle urla e dall’abbraccio soffocante della città riesce a riappacificarsi con il proprio passato, ritrovando una parte importante di sé che le regala una nuova maturità e consapevolezza.

 

Il cielo è coperto e strisce di foschia aleggiano sull’acqua, offuscando le luci sulle isole. Proseguo lungo gli scogli fino al limitare della terraferma e guardo in basso verso il mare. È nero e spumeggiante. Osservare le onde che s’infrangono è come ballare a un concerto punk. Il rumore e la violenza hanno qualcosa di catartico

 

Acqua salata è un percorso di formazione e introspezione, uno spaccato di vita nudo e crudo trasmesso al lettore a trecentosessanta gradi. Il romanzo è una storia di dolore, sofferenza, amore e rinascita; è un inno al coraggio di continuare a cambiare, crescere, rialzarsi dal fondo, rimettere insieme i pezzi e proseguire il cammino verso l’ignoto. Una storia tattile di sangue, sudore, corpi, nervi, odori e cose.

Acqua salata è una storia cruda, senza filtri e zucchero Jessica Andrews ci racconta la vita, perché infondo la realtà è più salata che dolce. Il romanzo racchiude una forza particolare, un’energia da prendere come ispirazione per ricomporre i nostri cocci e plasmarli in modo che siano un po’ più aderenti al nostro essere, in modo che ci definiscano di più. Leggere Acqua salata è come venire sferzati all’improvviso da una violenta onda e avere sul corpo una ferita sanguinante; è dolore, è sorpresa, è lacrime, è sangue, è sofferenza che piano piano si spegne fino a porre le basi per la guarigione.

 

 

 

 

 

 

Desclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di NN Editore per la copia omaggio

 

May the Force be with you!
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Informazioni su Deborah

Io sono Deborah, una ragazza sognatrice e fantasiosa; con una grande passione per i libri, i film e la scrittura. Sono una ragazza dinamica e attiva, ma quando sento nominare la parola “maratona” mi vedo sul divano con coperta e popcorn a guardare puntate su puntate di serie tv, o la saga completa dei film di Harry Potter!

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